Consiglio di Stato – perseverare diabolicum
Fossi presuntuoso (francamente, un pochettino lo sono), direi: hanno speculato addirittura sulla mia influenza, nel senso della mia forzata assenza per malattia. Qualcuno ricorderà che io ho sventato, l’estate scorsa in Commissione Affari costituzionali, una sfacciata operazione marchetta della SVP. Il Parlamento stava approvando la riforma della Pubblica Amminstrazione, abbassando, fra l’altro, il limite di età dei magistrati amministrativi da 75 anni a 70. L’SVP, pur votando a favore (voto sempre a favore) chiedeva con un emendamento a prima firma Schullian e con ragionamenti al limite di menzogne che per il consigliere di stato Hans Zelger ciò non dovesse valere.
L’ex-sindaco ed ex presidente del Consorzio comuni compie i 75 anni nel 2017 e fin lì vorrebbe restare al suo posto. Bravi nelle trattative dietro le quinte, i negoziatori della SVP avevano già conquistato governo e maggioranza del PD per l’eccezione ad personam. Con un appello alla decenza e all’onore di ogni singolo deputato, però mi era riuscito a far recedere la commissione dal compiere tale favore che non avevo esitato a chiamare un autentico marchettone. Dopo un dibattito tumultuoso, nella notte del 25 luglio 2014 l’emendamento pro Zelger fu abbattuto. Il pudore, per una volta ebbe il sopravvento su Freunderlwirtschaft e nepotismo.
Si credeva. Ma mi son dovuto ricredere. La settimana scorsa, all’improvviso, lo spettro Zelger tornò alla ribalta. Il consigliere sudtirolese, apparentemente non si è rassegnato a dover chiudere la sua carriera romana entro la fine del 2015 e insiste. Questa volta servendosi della cosiddetta legge milleproroghe, la più classica e più malfamata di tutte le leggi omnibus. In questa legge delle mille e una sanatorie e un multiplo di emendamenti è facile nascondere di tutto. In più, l’interessato Zelger e i suoi complici SVP, memori della débacle della prima volta, questa volta hanno pensato di procedere in modo particolarmente furbesco: Per far disperdere le tracce (a me e a gran parte delle commissioni) hanno scelto di non firmare loro stessi l’emendamento, ma di farlo firmare ad un collega PD, un tale Marco Di Maio, ignoto ai più. L’obiettivo del nascondiglio: far passare inosservato il passeggero cieco in ultimo vagone.
Per puro caso me ne sono accorto, la settimana scorsa. E già mi preparai, non senza gioia maligna, a dar battaglia in commissione.
E mi ammalai. Mi sembrava come se pure il destino si fosse alleato con chi procede per favorini. Essendo stato fermo a letto e non potendo intervenire personalmente in Commissione, ho scritto varie e-mails a chi di competenza (presidenza di Commissione, rappresentanti di governo), e di fatti, il relatore espresse parere negativo allo scandaloso emendamento-fotografia che fu poi pudicamente ritirato dal suo presentatore-fantasma Di Maio.
Ora quelli lì mi danno del “nemico dell’autonomia”, ma è il ricatto etnico che con me non funziona. Son convinto di aver agito nell’interesse dell’autonomia. Perché i giochi sotto tavolo e le marchette non fanno bene all’autonomia. Ci va di mezzo la credibilità.
Florian Kronbichler