Mala scuola, atto primo
La Camera ha approvato la riforma renziana della scuola. Non era da aspettarsi diversamente. Ma non vogliamo disperare. Il decreto legge ora attende l’esame del Senato e per una volta dico: meno male che il Senato ancora c’è. C’è la speranza, e pure realistica, che qualcosa della buona scuola che fu si possa salvare e che qualche danno sarà estirpato. Resto fiducioso.
In ogni caso, abbiamo parlato e votato contro convintamente. Che pure la patuglia della SVP lo avesse fatto, non me lo sono mai illuso. Eppure sono rimasto stupito non poco, leggendo a votazione chiusa il comunicato della collega SVP Renate Gebhard. Si vanta la collega della cosiddetta clausola di salvaguardia che lei con il suo impegno avrebbe ottenuto e che metterebbe la scuola sudtirolese al sicuro dalla generale deriva autoritaria intenzionata dalla legge nazionale è una pietosa illusione, se non una menzogna.
La scuola sudtirolese, piaccia o non piaccia, è per la maggior parte di autonomia secondaria, molto “di carattere statale”, quindi oggetto della legislazione ordinaria dello Stato. Mettendo in conto inoltre la notoria sudditanza dell’amministrazione scolastica “autonoma”, non c’è alcun motivo per credere che la nuova “buona scuola” non arrivi oltre Salorno. Nelle nostre intendenze, specie quella tedesca, una circolare del ministero è presa per un comandamento divino, più che in ogni altra provincia d’Italia.
Ho scritto nel post di ieri che io confido nella superficialità e nel carattere irrealistico della riforma. A titolo di prova cito proprio quel presunto “avvicinamento fra la scuola e il mondo del lavoro”, che la SVP ora elogia come la ciliegina sulla torta. Sono anch’io per tale “avvicinamento”. La divisione fra lavoro intellettuale e lavoro manovale è una delle più fatali aberrazioni del nostro sistema educativo. Però, leggete voi come il governo Renzi si immagina la correzione di tale deformità. È l’articolo 4, comma primo:
“Al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, i percorsi di alternanza scuola-lavoro sono attuati negli istituti technici e professionali per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio.”
So bene che il premier Renzi si è lasciato incantare dal benedetto sistema duale delle nostre scuole professionali. Ma tutti gli alunni delle superiori tecniche in due anni 400 ore e i liceali 200 ore al lavoro in una azienda? In che aziende? Dove saranno le aziende disposte e in grado di ospitare migliaia di studenti? E ci fossero, a che prezzo?
Scopriremo al primo tentativo di attuazione della “riforma”: è inapplicabile. È ideologia.
Foto: Dopo la battaglia (persa) alla Camera, noi parlamentari di SEL ci riuniamo con gli insegnanti in protesta a Piazza Montecitorio.
Florian Kronbichler