Florian
Kronbichler


Che NON fare?

Che fare? È la domanda probabilmente più posta al mondo. Gli snob, forse per nobilitarla, la assegnano a Lenin. Ma chi non se l’è già posta sponte sua, prima e dopo e senza aver sentito del pensatore-politico comunista? Che fare? È pomeriggio e mi accorgo dei propositi con cui mi sono svegliato stamattina. Erano parecchi, finanche troppi per una giornata di ferie, inoltre splendida come l’odierna. E se devo bilanciare ora: non ho esaudito neanche uno. Non ho fatto niente. C’è stato il terremoto.

Qualcuno in città mi disse di aver sentito “qualcosa” a quell’ora fra le tre e mezza e le quattro. Io l’ho saputo appena alle 7 di mattina dalla radio. E da allora me ne occupo. Anzi, ne sono completamente preso. Quindi, non faccio niente. Rimugino i pensieri che, credo, tormentano chiunque in questo momento: Che fare? Ovviamente ci si ritiene fortunati di essere vivi e vegeti, di non abitare quelle zone notoriamente “a rischio”, insomma, di essere scampati – un’altra volta ancora! – la tragedia. Quindi, ci sentiamo in obbligo di nutrire un sentimento di gratitudine per se stessi e di compassione per chi ci è capitato.

Arrogo a me, da politico, di sentirmi preso di più che un cittadino comune nel dovere di “partecipare”. Quindi, più che a chiunque mi si pone la domanda del “che fare?. Sto lontano 500 chilometri dai luoghi del disastro. Inoltre, le dimensioni del terremoto ci sembrano circoscritte, inizialmente, aumentano nelle ore e con l’arrivo, a stillicidio, delle immagini e del numero dei morti. Leggo dei comunicati che arrivano dalle autorità statali; verso mezzogiorno anche dei nostri provinciali. Che dovessi scriverne uno anche io? Spuntano i primi inviti a mandare aiuti, anche da qui, da Bolzano.

Non so, cosa pensarne e me che meno che fare. Scrivere un comunicato mi pare penoso. Mi sembrerebbe come togliere una parte di attenzione ai poveri terremotati trasferendola a me stesso. Non si fa. E neppure si chiama ad “aiuti” che poi non si è in grado di prestare o, peggio, che non serve. L’aiuto, in situazioni simili aiuta soprattutto gli aiutanti stessi.

Nel frattempo è arrivata sera e mi accorgo di non aver fatto niente di quanto mi ero proposto di fare. Ma proprio niente. E stranamente non mi assale granché di senso di colpa. La tragedia altrui, le vittime del terremoto mi hanno reso immobile. La giornata è loro. Anche la mia. Fare qualcosa d’altro, il solito, sarebbe irrispettoso nei loro confronto. Mi hanno aiutato a rispondere alla domanda di “che NON fare?”. Mi hanno fatto sopportare il mio non poter far niente. Grazie, care e cari voi di Amatrice!

Florian Kronbichler

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