Florian
Kronbichler


Tradisco per dovere

In treno per Strasburgo sto attraversando, all’imbrunire, la Svevia campagnola. Paesaggio incantevole! Prati coperti di neve fresca, recinti e boschi imbiancati ancor di più da una brina spessa e cristallina, e in mezzo paesini con le casette dai tettucci ripidi e a punta. Impossibile non ricordare poesie sentimentali dei grandi maestri di queste parti (Hölderlin, Mörike, Hesse … ).

Intanto fuori si fa buio, il romantico paesaggio sta sparendo nella nebbia, ed io, come di proposito, vengo a riferire più prosaicamente della conferenza sui “gruppi etnici” e il loro stato di salute tenutaci ieri mattina su iniziativa del presidente del Consiglio provinciale Roberto Bizzo in sala del Comune a Bolzano. Si parlava del gruppo italiano, ovviamente, perché è quello in crisi, “a disagio”, per chiamare il tempa subito per il suo nome. Hanno riferito i due sociologi dell’università di Trento, Luca Fazzi e Antonio Scaglia nonché Günther Pallaver, nostro politologo ad Innsbruck.

Hanno tutti e tre, i primi due più del terzo, messo bene in evidenza le patologie del sistema Südtirol, operanti tendenzialmente e in una dinamica sempre più problematica a sfavore del gruppo italiano. Gli accademici hanno portato dati a conferma che “il disagio”, termini bandito dalla politica correctness, c’è e che per risolverlo bisogna che la politica, come minimo, ne prenda atto e non continui a rimuoverlo a delirio fascista.

Può darsi che sia stato per l’etica dell’accademico, ma per il mio gusto i professori, a sostegno delle loro tesi, potevano ben più chiamare per nome e in concreto ciò che è marcio in casa Sudtirolo. Mi sono sentito in dovere di intervenire, e secondo qualcuno – il sempre prudente Bizzo per primo – avrei calcato un po’ troppo la mano. Prendendo lo spunto dal prof. Scaglia che aveva citato il “decalogo per la convivenza” di Alexander Langer, esordiai che in quello stesso decalogo Langer parlasse pure del bisogno di alcuni “traditori etnici”. Persone che si mettono coscientemente dalla parte dell’altro gruppo, essendo disposti in questo modo a “tradire” (non fare i transfughi, mi raccomando) il proprio blocco etnico e la logica della compattezza dei gruppi in generale. Essendo i sudtirolesi italiani di “buona volontà” (votati alla pacifica convivenza) ormai talmente intimoriti, ansiosi di essere tacciati fascisti, mi sento in dovere di metto termi io nei loro panni, arrogandomi di dire ciò che loro non osano più.

Portai esempi concreti di come il sistema Südtirol, basato essenzialmente sul principio della partecipazione proporzionale dei trei gruppi etnici costitutivi alla vita pubblica, sistema apparentemente così giusto, in realtà opera tutto ed esclusivamente a favore del gruppo più forte. Lo dimostrano le cifre e le cifre non sono solo quantità, ma sono qualità. Il gruppo tedesco, grazie alla proporzionale, dopo 40 anni di proporzionale non solo si è rafforzato quantitativamente, ma è più forte pure per qualità. I sudtirolesi italiani che per legge al massimo possono ambire ad un posto di vice, alla longue non esprime più nessuna leadership.

La scuola italiana che sistematicamente “perde” un notevole numero di alunni (e sono i più bravi, almeno i più motivati) alla scuola tedesca, perde in qualità e prestigio. I politici italiani, promossi a qualche posto di potere (assessore provinciale p.es.), affascinati dalla grazia ricevuta, finiscono ad adulare “i tedeschi” e a disprezzare i propri elettori italiani. Ovvio che questi se ne accorgono e non li votano più. Ho parlato, ironicamente, di una “sindrome Viola” di cui sono attaccati i politici italiani “scelti dalla SVP”, nel caso concreto del PD. Il presente Bizzo, non offendendosi affatto, ha rincarato la metafora a “sindrome Stockholm” (che è una patologia psicologica ed io non faccio paragoni del genere). Ho portato esempi in cui il gruppo italiano, così come l’intera opposizione d’altronde, me compreso, non è in grado di assicurarsi nemmeno i diritti e i posti che gli spettano.

L’esempio più imbarazzante è la composizione della Commissione “paritetica” dei Sei, dove dei tre rappresentanti dello Stato uno è Daniel Alfreider, vice-obmann della SVP e uno, Francesco Palermo, sì italiano, ma eletto di fatto dalla SVP che così inevitabilmente è il suo azionista di riferimento. E parliamo di “pariteticità”. Ho detto dell’acquisto del giornale Alto Adige da parte del gruppo Athesia. La classe dirigente italiana (ammettiamo che esista) minimizza. Come se non vedessero alcuna differenza fra un giornale “degli” italiani e un giornale “per” gli italiani.

No, il disagio degli italiani c’è. Ed è un problema di tutti i sudtirolesi. Forse il più grande problema dell’autonomia sudtirolese in assoluto. Se non lo risolviamo noi assieme, sarà risolto dall’esterno e saranno danni.

Florian Kronbichler


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