Florian
Kronbichler


Il mio canto del cigno all´assemblea di Liberi e Uguali a Bolzano

Per iniziare un aneddoto. Lo racconto citando il mio collega deputato e compatriota più caro degli ultimi 5 anni. È il nostro venostano Abi Plangger. L’ho conosciuto come il più democratico, per certi versi il più a sinistra del suo partito, addirittura.

Ecco, in dichiarazione di voto alla legge elettorale Rosatellum, riferendosi alla mia critica sulla sfacciata parzialità a favore del suo partito, la SVP, questo mio caro Abi Plangger, disse questo, testuale: „Naturalmente, la legge non è democratica, ma per la minoranza linguistica, è meglio che parli con una voce sola. Parlare con due voci se sono differenti, è peggio che non parlare affatto.“

Ecco, questo è il ricatto che la SVP, il cosiddetto partito di raccolta, da 70 anni, alla vigilia di ogni elezione parlamentare pone alla popolazione sudtirolese di lingua tedesca e ladina. È il ricatto etnico. La democrazia non fa per noi. È un lusso che non ci possiamo permettere. Siamo minoranza in uno stato sostanzialmente nemico. Siamo 300.000 contro 60 milioni. Se stiamo bene, è perché stiamo uniti. Cuius regio eius et religio. Oggi qui da noi vige questa massima tradotta in politica. Siamo economicamente evoluti, forse anche civilmente, politicamente ci vogliono tener nel medioevo.

In casa propria, in provincia, il partito unico è costretto a battere in ritirata. Si è rassegnato alla realtà. Qui, pluralismo politico, base di ogni democrazia, è permesso – e come la SVP potrebbe sostenere il contrario? Ha perso, alle ultime elezioni provinciali, per la prima volta nella sua storia la maggioranza assoluta al Consiglio provinciale. Ciò anche e soprattutto grazie ai Verdi. La realtà non è più negabile. La gente, indipendentemente se italiana, tedesca, ladina o altro, chiede democrazia. Vuole poter scegliere.

Questo in casa nostra. Nei comuni e in Provincia. Verso Roma – anzi, contro Roma! – però dobbiamo restare uniti! Roma non aspetta altro che noi ci dividiamo. E sarebbe finita. Per questo, indispensabile mandare una pattuglia di uomini e donne, unita ed agguerrita, al Parlamento, dove si trovano contro 939 italiani (perché 6 sono nostri) intenti a nient’altro che a come ci potrebbero fregare. Questo ci fanno credere.

Se poi, per incidente come alle scorse elezioni, per la prima volta nella storia viene eletto un sudtirolese di lingua tedesca al di fuori della Südtiroler Volkspartei, si pone il teorema di cui Abi Plangger: „“Naturalmente non è democratico, ma per la minoranza linguistica è meglio che parli con una voce sola“ … ecc. ecc. Di fatti, sono subito corsi al riparo mettendo mano alla legge elettorale affinché un incidente quale una seconda voce sudtirolese al parlamento italiano non possa più accadere.

Non ti voglio scoraggiare, caro Norbert, cara Laura, cara Cornelia, e non voi candidate e candidati tutti di Liberi e Uguali. Ce l’hanno reso ancora più difficile della volta scorsa, per farci avere voce anche noi verdi, noi di sinistra, al parlamento, ma non è impossibile. Se la mettiamo tutta, ce la possiamo fare. Anche questa volta, anche con questa legge elettorale confezionata spudoratamente tutta a misura di chi deve vincere. Quindi, coraggio! Insieme possiamo farcela. Noi non crediamo che l’autonomia e le minoranze vadano tutelate rinunciando alla democrazia. All’incontrario, noi vogliamo osare più democrazia, perché fa bene all’autonomia.

Nach fünf Jahren Parlamentarierleben, erlaubt mir die Anmaßung zu sagen: Es war wert, dass ich da war. Was mir stets wichtig war und was in Südtirol oft nicht so gesehen wird: Ich fühlte mich Vertreter des gesamten Staatsvolkes. So wie die Verfassung es für einen Parlamentarier vorsieht. Der Jungspund von einem SVP-Obmann hat bezogen auf die Verfassungsreform letztes Jahr gesagt: „Unsere Südtiroler Parlamentarier haben auf Südtirol zu schauen. Etwas anderes hat sie nicht zu interessieren“. Das ist nicht unser Standpunkt. Ich heiße so etwas provinziell.

Ich war anwesend, und zwar immer, es sei denn, ich war in parlamentarischer Mission in Europa unterwegs. Da zu sein, mitzureden und abzustimmen, mag nicht die vornehmste aller Parlamentarierpflichten sein, aber es ist das Mindeste.
Ich war Vollzeitpolitiker, das Gehalt war auch ein Vollzeitgehalt. Ich habe während meiner 5 Jahre Parlamentarier-Dasein keine Aufträge angenommen, die nicht politisch wären, und auch keine Einladungen. Denn das tut man nicht.

Ja, ich war Südtiroler Parlamentarier. Aber ich fühlte mich nicht dafür da, um Privatangelegenheiten von Südtirolern zu erledigen. Der Parlamentarier ist kein Botengänger in Rom und kein Türöffner. Ich weiß, das ist sehr beliebt und verschafft Kundschaft . Ich habe da meine besondere Sicht vom Problem. Jeder Akt, dem der Politiker nach-„hilft“, schädigt einen anderen. Jeder Zettel, der aus dem Stapel von unten hervorgeholt wird, lässt einen anderen tiefer fallen. Ich weiß, dem Parlamentarier öffnen sich leichter die Amtstüren. Aber man tut dann etwas, was man nicht tut.

Ich behaupte, es hat Südtirol nicht schlecht getan, dass es mit mir den ersten deutschsprachigen Parlamentsabgeordneten außerhalb der Südtiroler Volkspartei gegeben hat. Ich habe das Südtirol-Bild im Parlament ergänzt und glaube, nicht zum Schlechteren. Ich habe manche autonome Errungenschaft, die die SVP-Kollegen mit großem Getöse für sich reklamieren, mitbeeinflusst, gelegentlich auch entscheidend, und manche Sauerei verhindert. Ich habe mich sicher am meisten zu Wort gemeldet, habe über Franz Thaler gesprochen, damit alle wissen, dass wir nicht alles nur Nazi waren; über das Flüchtlingsproblem am Brenner, weil es nicht nur in Lampedusa eines gibt. Ich war im Europarat und habe mich dort um Minderheitenrechte gekümmert, und zwar nicht nur um sprachliche.

Ich anerkenne die Verdienste der SVP. Sie versteht ihr Geschäft, und ich sah den Sinn meines Daseins nie darin, den Kollegen darin Konkurrenz zu machen. Sie machen das gut. Ich habe andere Schwerpunkte gesetzt und darin nicht Konflikte gescheut. Ich sehe kein Drama darin, dass wir die Toponomastik nicht gelöst haben. Es hätte nur Streit gebracht, davon haben wir sonst genug. Ich habe für die kleinen Krankenhäuser gekämpft, gegen TTIP, Ceta, Glyphosat, habe den Malsern das Anti-Pestizid-Referendum gerettet. Wo immer es Umwelt, um Rechte, um Freiheiten ging, gleichgeschlechtliche Lebensgemeinschaften, Sterberecht, Frauen-Gleichberechtigung, Staatsbürgerschaft, da war ich immer aktiv dabei. Da hat man oft gestaunt: dass diese Südtiroler einmal nicht nur um Geld und Zuständigkeiten für sich betteln! Es ist das Klischee, das man von uns hat.

Mi rendo conto, sono stato solo un episodio sul palcoscenico del parlamento italiano. Il giorno da leone nella mia vita da pecora ho avuto, all’inizio, da compagno di banco di Laura Boldrini. È durato solo un giorno. Poi Laura fu eletta a presidente della Camera e lo è rimasta. Io ho chiuso la mia carriera parlamentare in piccionaia, in alto in fondo a sinistra. Comunque, mi sono impegnato. I media mi hanno prestato discreta attenzione e li ringrazio. Mi è stato un piacere fare il parlamentare. L’ho sentito impegno e privilegio. Lo augurerei a chiunque di voi candidati. Lo meritereste. E noi tutti vi sosteniamo. Perché ci rappresentate. Grazie.

Scusate, la cronaca di questi giorni (oggi?) mi costringe di dire un’ultima, perché sarebbe da sola ragione sufficiente per mettercela tutta: Il partito etnico di governo, la SVP, sta di fatto annientando il suo minipartner di governo italiano, il PD locale e con esso interdice politicamente il gruppo linguistico italiano del Sudtirolo. È cinismo puro il modo, in cui la SVP dispone del collegio Bolzano-Bassa Atesina per Camera e senato che secondo spirito dello Statuto di autonomia spetta agli italiani. Gli italiani del Sudtirolo, alle elezioni, che sono il più alto, il più nobile appello della democrazia, non contano. Sceglie la SVP per loro. E non sceglie uno di loro, no, non li ritiene degni né capaci di scegliersi un loro proprio deputato o senatore. Bara sopra lo loro testa direttamente con Roma, con Renzi e Renzi manda i prescelti. I commissari, insomma.

È colonialismo, è imperialismo autonomo. Come l’Empire che mandava i suoi governatori in India. Non ci sarà un parlamentare DEGLI italiani sudtirolesi. Nel migliore dei casi avranno un parlamentare PER gli italiani. Se questa è autonomia? Se così gli italiani sudtirolesi possono fidarsi dell’autonomia? È abuso dell’autonomia i fini partitici.

Siamo l’unica forza che si sottrae a questo ricatto etnico. L’umiliazione dei nostri concittadini italiani costituisce oggi il più grande pericolo per la nostra autonomia. Un gruppo linguistico che non si può scegliere liberamente, autonomamente, i suoi rappresentanti politici, non è libero. È interdetto. E il suo partito di governo non è uno a responsabilità limitata, è a responsabilità zero. La SVP non rispetta il minimo di espressione democratica dei concittadini italiani, iniziando dai comuni e finendo al parlamento.

Noi verdi e di sinistra siamo i primi ad essere finiti vittime di questa pulizia antidemocratica. Il bravo Franco Nones, anni fa, fu l’italiano largamente più votato alle comunali di Brunico. Però no, l’SVP gli preferì come assessore e vicesindaco un innocuo quasi-non-votato di Alleanza nazionale. Stessa musica in provincia. Il nostro Riccardo dello Sbarba ottenne alle ultime provinciali più voti di tutti gli italiani (non solo dei verdi, ma in assoluto), ma assessore e vicepresidente della Provincia doveva diventare un consigliere dell’ultra-bidonato Partito democratico. Avanti di questo passo, finiremo che Claudio Bressa per chiamata esterna sarà vice-Landeshauptmann a vita, con delega alla liquidazione del rottame italiano.

Foto di Gilberto Cavallo: Con la Presidente della Camera Laura Boldrini


Flor now
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