Florian
Kronbichler


Traditore della compattezza etnica

Alexander Langer, nel suo „decalogo per la convivenza” (un testo che volentieri si raccomanderebbe a chiunque porti responsabilità politica in Sudtirolo e non solo) al punto 8 arriva ad invocare il “traditore”. Intende il “traditore della compattezza etnica”. Ovunque convivono gruppi etnici, questo il pensiero di Langer, c’è bisogno di persone disposte a mettersi dall’altra parte, di “traditori” della compattezza del proprio gruppo, appunto; da non confondere con “i transfughi etnici” che dimenticano o rinnegano le proprie radici diventando così completamente incredibili.

Mi sono riconosciuto in questo preciso ruolo, ieri, sabato mattina, partecipando – d’altronde senza aver avuto un esplicito invito – al convegno promosso dal presidente del Consiglio provinciale Roberto Bizzo su “Rappresentanza ed autonomia”. Ci sono andato più per senso del dovere che per interesse. Fu uno dei miei fermi propositi, cinque anni fa, eletto fresco al Parlamento, intendermi ed operare in quello spirito langeriano: di affrontrare le questioni sudtirolesi sempre badando anche all’altra parte, di vedere, da sudtirolese di lingua tedesca, i problemi sempre anche con occhi dei miei compaesani di lingua italiana, insomma, di essere disposto a far da “traditore della compattezza etnica”. Credo di aver tenuto fede a questo impegno per l’intera legislatura e a missione compiuta, oso dire che quello del “tradimento etnico” è forse stato l’impegno che mi è riuscito meglio e che comunque ritengo il più importante fra tutti, oggi più di prima.

E che c’entra con il convegno di sabato? C’entra, eccome! A mia grande sorpresa ho trovato la sala del Comune piena zeppa. Una delle prime mattinate di primavera, giornata libera invitante a ben altri svaghi che non a dibattiti politici, eppure … Faccio girare lo sguardo per la sala gremita, cerco di individuare “l’appartenenza” del pubblico, superficialmente mi sarebbe venuto a dire “vecchia democrazia cristiana”, ma appunto, superficialmente. In verità ne conoscevo pochissimi. Alcuni sindacalisti, assessori comunali, più ex che attuali, i soliti professionisti di dibattiti. A chiamarli “il popolo di Bizzo” sarebbe troppo onore per questi, comunque, l’ex-PD è riuscito e riunirli e riempire con essi la sala di rappresentanza del Comune. E non è poco.

Parte la carrellata degli interventi che tutti vertono sul rapporto fra i gruppi linguistici, fra italiani e tedeschi, per farla breve, sulla miseria dei primi. Lo statistico Hermann Atz cerca di dimostrare con dati (un po’ stagionati, purtroppo) che i “problemi” del gruppo italiano sarebbero più percepiti che reali. Il sociologo Luca Fazzi invece porta esempi incontestabili di una diseguaglianza “drammaticamente e criticamente” crescente a scapito del gruppo italiano. Il senatore Francesco Palermo, sempre pacato ed equilibrato, ha parlato, nei confronti del gruppo italiana, di “discriminazione in buona fede”. “La discriminazione etnico-linguistica – constata il costituzionalista – succede e basta”. Lamenta la scarsa partecipazione degli italiani ai processi riformatori dell’autonomia; invita a più dialogo e affinché i politici italiani utilizzino di più le possibilità che lo Statuto di autonomia gli riserva; rivendica un maggior pluralismo mediatico e insiema alla ex-intendente scolastica Bruna Rauzi, Francesco Palermo dà battaglia a favore ad un salto di qualità nell’apprendimento della seconda lingua, scuola bilingue compresa. Don Luigi Cassaro, decano italiano di Bolzano, infine, parlava di come i parrocchiani tedeschi temono di “essere fatti fuori” dagli italiani viceversa, gli italiani dai tedeschi. Esortava a “rispettare e valorizzare le diversità”. Conclusio: Dibattito di alto profilo e aria di riscossa in sala. Bella sorpresa!

Mi era capitato di accaparrarmi l’ultimo posticino libero in sala e fu merito di Tilla Mair, ex-segretaria generale della Cisl/SGB che mi fece cenno di sederle accanto. Mi guardavo intorno, frugando fra le fila delle sedie, davanti, indietro, su per le scale e la balconata in fondo, e o per stranezza vera o per deformazione etnica mi venne a chiedere: “ma dimmi cara Tilla, siamo gli unici sudtirolesi di lingua tedesca qui dentro in questo bel pubblico?” Si gira intorno anche lei: “Sì, pare proprio di sì.” Ecco, meno male che qualche traditore c’era.


Flor now
Facebook Link