100 anni con patate
Giovanni Biadene, agronomo di Brunico, compie 100 anni. Ha dedicato una vita allo studio dei tuberi, prodotto d’eccellenza della Val Pusteria, guadagnandosi il titolo “Erdäpfelpapst”.Cent’anni il 12 gennaio, Giovanni Biadene porta l’aspetto del professore e ancora si occupa di “letteratura della patata”. Il centenario lo dice con ironica modestia. Vive da solo, assistito da suo figlio Paolo (architetto in servizio alla Provincia) nel suo appartamento di Brunico, pieno zeppo di libri, di cui una dozzina scritti da lui stesso. È una biblioteca della patata come probabilmente non se ne trova una seconda. Ero andato a trovarlo tempo fa nel suo “studio”. Da lì ho tratto il seguente colloquio, ma non solo. L’ingegner Biadene mi ha pure affidato una sua autobiografia. È il racconto, ancora inedito, del suo passato militare fra Wehrmacht e Resistenza che per stranezze e ricchezza di particolari susciterà ancora l’attenzione degli studiosi di storia contemporanea. Ma al nostro incontro ci siamo occupati solo di patate, la sua passione di vita. L’esperto sa che il suo tempo è passato. Vede sulla via del tramonto pure la sua amata verdura. “I pusteresi di oggi sono troppo ricchi per le patate”, scherza. L’epoca d’oro della patata da seme della Val Pusteria è datata ormai a 40 anni fa. Il vecchio Erdäpfelpapst, papa dei tuberi, ne prende atto con il distacco dello scienziato. Sono oramai anni che non può più andare a far visita “ai miei cari tuberi”. Giovanni Biadene vive a Brunico da 60 anni. Viene dalle parti di Venezia, ma originariamente, come tutti i Biadene, da Padole dietro il Montecroce, che si chiamava Bladen ai tempi austroungarici (da lì il cognome Biadene). Conseguì il dottorato in scienze agrarie a Bologna nel 1949 e fu incaricato dalla Federconsorzi agrari di promuovere la coltivazione di patate da semina in Val Pusteria. Ha dedicato tutta la sua vita professionale a questo.Flor: Signor Biadene, posso chiamarLa “Erdäpfelpapst”, nomignolo che Le stato appiccicato dai contadini?Giovanni Biadene: Eh, già che viviamo in epoca di più papi, si senta pur libero di chiamare papa anche me!Non pensa mai che potrebbe essere stato l’ultimo papa di patate della valle? Sarebbe segno che il popolo delle patate della Val Pusteria è diventato così adulto da non riconoscere più un papa.Che i pusteresi abbiano perso la loro fede nella patata?È a causa della loro prosperità. Più la gente è ricca, meno mangia patate. Dice che è un progresso che le patate stiano scomparendo?Se gli italiani devono stringere la cinghia, come sembra debbano fare ora, chissà, forse questo farà rivivere la coltivazione della patata.Una curiosità: Come mai in 100 anni di coltivazione intensiva della patata, in valle non si è sviluppata alcuna industria di valorizzazione della patata degna di nota?Intende i piatti di patate prodotti industrialmente come le patate fritte, le patatine, i purè e così via? Non ha capito qualcosa: Stiamo parlando della patata pusterese da seme. La Val Pusteria produce la patata da seme, che viene poi utilizzata altrove, principalmente nell’Italia meridionale, per produrre la patata da tavola. In un certo senso, siamo il vivaio d’Italia.Lei ha scritto libri sulla coltivazione della patata, ha tenuto conferenze – come è arrivata la patata in Val Pusteria?Ce ne sono più leggende che prove concrete. In Sudtirolo, la patata è mangiata da almeno 200 anni.Prima in Val Pusteria, naturalmente?Purtroppo no. Ci sono fonti secondo le quali le patate venivano coltivate in Val Venosta già alla fine del diciottesimo secolo.In Val Venosta e non in Val Pusteria, è mai possibile?La gente della Val Venosta probabilmente ne aveva più bisogno. Erano tempi di fame estrema.Si dice che la coltivazione delle patate in Val Pusteria in verità sia stata avviata dal fascismo.Questo non è vero. Il fascismo, con la sua politica economica di autosufficienza nazionale, ha promosso la coltivazione della patata in Val Pusteria, questo sì.Quindi sarebbe sbagliato attenersi alla scritta sul Monumento alla Vittoria: “hinc Pusteros excoluimus … pomis terrestris?Ci sono prove della coltivazione sistematica della patata in Val Pusteria sin dal 1913, da Dobbiaco, e questo in modo negativo. Ci si racconta che i contadini di Dobbiaco per pigrizia avrebbero trovato la scusa che le patate, da loro, non sarebbero cresciute. Scuse?Troppo freddo, troppo lavoro, nessuna opportunità di immagazzinarli in cantina. E cosa è vero?È vero, i masi della Val Pusteria di solito non avevano cantine. Nel granaio le patate si congelavano in inverno, nella stalla marcivano. La costruzione di magazzini comuni era quindi un prerequisito.100 anni fa, apparentemente le condizioni non erano ancora all’altezza? Era nel 1913 che agricoltori intraprendenti dell’Alta Pusteria si riunirono per formare la prima “cooperativa per la coltivazione e l’allevamento delle sementi”. La cronaca racconta di rendimenti che aumentavano da anno in anno. E ciò proprio in Alta Pusteria?Ciò che un ignorante potrebbe considerare uno svantaggio, nel caso della patata da semina è più un vantaggio: i lunghi inverni rigidi non permettono ai virus di sopravvivere, soprattutto all’afide, il pidocchio della pianta, che è il principale nemico della patata. Quindi, la Val Pusteria deve la sua benedizione delle patate ai suoi inverni rigidi?Non solo. Molte caratteristiche favorevoli si uniscono: l’altitudine, tante precipitazioni, l’allevamento tradizionale con la grande quantità di letame, ma sicuramente anche l’apertura mentale degli agricoltori, e ciò che è più importante: la Val Pusteria è una valle est-ovest.Alla patata piace essere posata est-ovest?È tutta una questione di correnti d’aria. L’afide viene dal sud, da dove crescono le pesche. Il vento spinge il parassita meno facilmente nelle valli trasversali che nelle valli aperte nord-sud. È il motivo per cui la coltivazione della patata, per esempio nella zona di Bressanone, non è progredita e per cui i trentini hanno capitolato. Capitolato? Le patate della Val di Gresta o Val di Non sono famose.Patate commestibili, attenzione. I trentini dicevano già 80 anni fa: “Voi pusteri seminate, noi ne facciamo il cibo”. La Val Pusteria si trova al lato riparato dall’afide, per così dire?Proprio così. La Val Pusteria è ancora oggi la regione in Europa che può competere con l’Olanda nella produzione di patate da semina. I primi magazzini di patate erano a Villabassa e a Brunico, ed erano gestiti dal Consorzio Agrario, un’istituzione del fascismo.Lei dice fascismo, ok. Nel 1935 a Como, “1° Congresso Nazionale per il rilancio della coltivazione della patata”, si decise di costruire 20 magazzini, di cui uno ciascuno a Bressanone, Brunico e Villabassa e due in Trentino. Il Consorzio di Brunico fu costruito nel 1938-39.E Lei stesso fu mandato in Val Pusteria quale commissario per le patate.Mio Dio, fu appena agli inizi anni ’50. Ero agronomo e mi trovavo già a Bolzano in quel periodo, conoscevo il tedesco dal mio periodo nella Wehrmacht e perché avevo già lavorato in un paio di aziende agricole tedesche. Quindi, ovvio che mi dicessero: tu sai il tedesco vai in Val Pusteria!Da italiano tra i contadini tedeschi, come ha funzionato?Parlavo il tedesco. Inoltre, lì c’era già un certo dottor Gebert (il padre della nota politica Waltraud Gebert-Deeg, madre dall’attuale assessora Deeg – red.). Io sarei diventato più il responsabile del lavoro tecnico, e dell’informazione.Nel 1946 fu fondata la “Pustertaler Saatbaugenossenschaft” (Cooperativa dei coltivatori di semi della Val Pusteria), che si considerava una concorrente sudtirolese del vostro Consorzio “walsch”. Ovvio che si trattava di concorrenza, e certamente la “cooperativa” godeva di un trattamento preferenziale da parte delle autorità sudtirolesi. Ma non potrei parlare di un preconcetto totale contro di noi, di sicuro non tra i contadini.Ciononostante, la cooperativa è cresciuta e voi di conseguenza siete diminuiti, fino a dover chiudere completamente nel 1982.Eppure, avevamo anche i nostri punti di forza, che sono stati apprezzati. Con noi, i contadini erano liberi, potevano portare le loro patate o andarsene in qualsiasi momento: Con la cooperativa dovevano diventare soci, pagare le quote ed erano vincolati. Inoltre, Lei era il “Walscher”.Oh, devo dare credito ai contadini per un loro senso dell’essenziale ben sviluppato. La gente è venuta alle nostre riunioni informative, e come! In alcuni posti addirittura i parroci ci facevano pubblicità. Furono ridicolizzati dai funzionari della concorrenza come “predicatori di patate”.I parroci, ovvio, hanno tenuto per il “Erdäpfelpapst”, il papa delle patate”?Oh, di papi ce n’erano pure dall’altra parte. Ricordo una riunione a San Pietro in Valle Aurina, nella locanda “Kordeler”. Ho parlato davanti a 99 contadini contati. In italiano?In tedesco, ovviamente. Avevo sempre con me il nostro magaziniere, Seppl Steinkasserer. Era divertente: la cooperativa tedesca aveva un magazziniere italiano, Tulio Cagol, e noi italiani avevamo il contrario. Che cosa ha insegnato l’ingegner Biadene ai contadini alle riunioni?Tutto quanto era necessario – dalla pre-germinazione dei tuberi all’estrazione delle piante, dal riconoscimento precoce delle malattie all’irrorazione mirata contro di esse, la coltivazione del suolo, il corretto stoccaggio dei tuberi da semina, insomma tutto.E i coltivatori di patate pusteresi, erano bravi ad imparare?Erano più informati dei contadini di altre parti d’Italia, ne sono convinto.FOTO:Ha studiato, insegnato, commerciato: Il veterano della patata della Val Pusteria Giovanni Biadene, 100 anni il 12 gennaio, con i suoi nipotini. (Foto: Paolo Biadene)