Florian
Kronbichler


Né Europa, né Unione

Il mio intervento sulla politica europea in Aula settimana scorsa.

Signora Presidente, Ministro degli esteri, viceministro per gli affari europei, care colleghe,

apro con due dichiarazioni di ieri, riportati oggi su tutti i giornali: una del primo esponente politico, l’altra del massimo rappresentante religioso, e tutte e due le dichiarazioni si ispirano a il tema dei nostri giorni e sicuramente il tema del nostro prossimo futuro. Di fronte ad esso tutti gli altri problemi sono problemini. È il tema dei profughi e come l’Europa, i paesi dell’Unione Europea, si stanno comportando di fronte ad esso.

Ecco le due testimonianze:

Ha detto il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker:

“A questa Unione Europea manca l’Europa e manca l’Unione.”

Detta dal capo della Unione Europea, questa non è una mera autocritica. È una dichiarazione di fallimento: né Europa, né Unione – peggio non si può.

L’altro dichiarazione è di Papa Francesco ed è la seguente:

“Le chiese con le porte chiuse non si debbono chiamare chiese, ma musei. Porte aperte, sempre!”

Ecco, noi di fronte alla sfida del tempo: le chiese che non sono chiese, e l’unione Europea che non è né Unione né Europa. Due diagnosi fallimentari. Il Papa almeno ci aggiunge la terapia: “Porte aperte, sempre!”

È questo assurdo, questa assoluta eccezionalità del fenomeno delle masse in fuga da guerre e miserie, dico in fuga, non in movimento, perché parlare di “migrazione” mi suona come un eufemismo bagatellizzante, , ecco questa eccezionalità dei profughi mi impone di lasciare da parte altre critiche e proposte contenute nella nostra risoluzione. Sono tutte importanti in circostanze normali, ma da rimandare, di fronte a quest’unico tema stringente: l’Europa e i suoi profughi. Riterrei offensivo, parlarne “fra l’altro”. Sono sicuro che al mio difetto rimedieranno i compagni Palazzotto e Scotto nei loro interventi.

È vergognoso, come l’Unione europea, decorata del premio Nobel per la pace, si è comportata fino ad ora sulla questione dei profughi.

È vergognoso il comportamento dell’Ungheria. Ed è altrettanto vergognoso il modo in cui si comporta la Danimarca dalle tradizioni civilissime, come la abbiamo conosciuta. Per che cosa fu insignito del Premio Nobel per la Pace, l’Unione Europea, se al suo interno consente aberrazioni come quel recinto spinato dell’Ungheria e quei blocchi autostradali e dei treni della Danimarca, per non parlare dei repellenti annunci shock su giornali arabi? Andrebbero tolti dei finanziamenti all’Ungheria che, non lo escludo, finanzia quell’orribile recinto con fondi europei. Che qui la Commissione applichi delle sanzioni!

Ora, speriamo, anche le menti più semplici realizzeranno che il Medio Oriente non è solo un inesauribile distributore di benzina per noi e che il Nord-Africa non è solo un deposito di materie prime a buon mercato e una gigantesca discarica per la nostra merda. Ora raccogliamo ciò che abbiamo seminato.

Fin quando non miglioreranno le condizioni di vita nei paesi di provenienza, i flussi migratori verso l’Europa non cesseranno. Assisteremo tutti impotenti all’esodo biblico. Non potremo far altro che limitare i danni e sfruttare le opportunità delle migrazioni. Ripararci da essi non è possibile. Aiutando i profughi di venire da noi per vie sicure, aiutiamo noi stessi. Invece di scoraggiare le persone con elemosini, dovremmo offrirgli delle opportunità di trovare lavoro e d’altro canto di dar a delle imprese disposte ad assumere, sicurezze di poter contare più a lungo su chi fra i profughi cerca un lavoro.

Non siamo ancora usciti dalla crisi greca che pure è stata una colossale crisi democratica, ma non voglio divagare dal tema. La Grecia è stata solo l’ouverture. La vera sfida per l’UE si sta presentando adesso. Adesso non sono di mezzo solo gli Euro, ma uomini in miseria. Si decide se e come questa Europa voglia e come possa organizzare il sopravvivere di centinaia di migliaia, forse di milioni di profughi. L’Unione Europea è una unione di 510 milioni di cittadini. Questa Europa non naufraga, se accoglie i profughi di guerra e di miserie. Questa Europa naufraga se non li accetta. Naufraga per la sua propria avarizia, per la sua egomania e per la sua ipocrisia.

Ora si deve dimostrare che cosa valgono i cosiddetti valori di fondo europei. Se è da prendere sul serio il nobile motto dell’Europa quale “spazio del diritto, della sicurezza e della libertà”. Ora le convenzioni firmate da noi tutti si vedono messe al banco di prova: valgono la carta su cui stanno scritte o sono mere cascate di discorsi vuoti? Se paesi dell’Unione Europa come l’Ungheria o la Polonia si rifiutano di accogliere uomini disperati, perché hanno la fede “sbagliata”, ciò è alto tradimento dei valori per i quali l’Unione Europea fu fondata.

Ora più che mai c’è da tener presente: L’Europa non vive solo dell’Euro. Vive dei suoi valori, della libertà religiosa e di coscienza, della libertà della persona, dell’uguaglianza degli uomini davanti alla legge e della libertà di circolazione. L’Europa vive del principio che tutela la dignità umana. Se questi valori non le valgono più niente, l’Europa non merita di sopravvivere.

Il diritto d’asilo appartiene alle garanzie cardine del diritto europeo. Purtroppo non abbiamo ancora nessun diritto d’asilo unitario europeo, né il riconoscimento reciproco di decisioni in merito. Da 25 anni ci lavorano o almeno dicono di lavorarci. Per quanto alla questione dei profughi, l’Europa non è ancora una Unione. È un conglomerato di egoisti di diverse nazioni.

L’Italia ha fatto egregiamente. Va riconosciuto. È stata per tanto, per troppo tempo lasciata sola nel suo impegno umanitario. Lasciata sola non solo dagli stati forti, ma dalla Unione Europea per prima che si è dimostrata incapace di correrle in aiuto. Le è stato reso tanto onore senza che le fossero stati tolti gli oneri. Fu più compatita che non aiutata. Resta l’amara conclusione che i migliaia di morti nel mediterraneo hanno toccato meno il cuore dei paesi partner ricchi del centro-nord Europa che i 71 asfissiati del Tir sull’Autostrada austriaca.

La Germania ora ha fatto un passo. E noi non dovremmo, come purtroppo succede, non dovremmo sospettare troppo di secondi fini che la Mutti Merkel perseguirebbe. Ha compiuto un passo tanto generoso quanto coraggioso. Probabile che l’ha fatto avendo capito che fermare l’ondata dei profughi è impossibile. E tanto: Se già non si può evitare che arrivino, è meglio far di pene una virtù, e prenderli. La Germania ha iniziato. “Se ognuno aspetta che inizi l’altro, nessuno inizierà”. La frase è di un volantino del gruppo “Rosa Bianca” dei fratelli Scholl, conservato nel museo della resistenza anti-Hitler a Monaco, la città dove la settimana scorsa migliaia di profughi furono accolti con doni dei cittadini e al suono dell’ “Ode alla gioia” di Beethoven, l’inno dell’Unione europea.

Stiamo quindi di fronte ad un cambio paradigmatico nella politica migratoria dell’Europa? Il passo della cancelliera Merkel ne sarebbe un segnale. Ha fatto capire di essere disposta a concepire la politica di migrazione non più come una battaglia di difesa. Come già nella crisi finanziaria del 2008 ha giocato d’attacco. Allora ha salvato le banche dal fallimento, ora, speriamo, salva uomini da guerre e dalla miseria. Ha comunicato ai tedeschi: “ce la facciamo”, tirando fuori 6 miliardi di Euro dalle casse dello Stato. Certo, la Germania i miliardi ce li ha. All’esempio dell’aiuto per i profughi lo sta dimostrando. Si è dichiarata disposta a prenderne mezzo milione all’anno per i prossimi dieci anni. Non male. La Germania si è distinta per esempi peggiori, in passato.

E noi? L’Italia è stranamente sparita dai titoli di prima pagina, da quando la Germania e – finalmente! – l’Unione Europea si stanno muovendo. Che L’Italia si sia liberata del problema? Non affatto. Sarebbe una colpa, se l’Italia non portasse a frutto la sua esperienza e il suo know-how da primo Stato-salvatore profughi in Europa.

Florian Kronbichler

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