Voce, compagni, voce!
Giornata di festa stamattina in piazza Montecitorio, sì, vera festa, nello specifico festa di addio, ma pure festa di tristezza. Abbiamo salutato Pietro Ingrao, statista comunista morto a 100 anni, con un funerale di stato. E ripeto: è stata festa, presente la politica italiana intera, con discorsi, uno più bello dell’altro, ma i più belli quelli delle figlie Renata e Celeste e di don Ciotti, e al canto finale in comune di “Bella ciao”.
Mi sono emozionato, ma anche rintristito, anzi, scandalizzato. Per quanto il cerimoniale della Camera dei deputati ha messo cura nella preparazione e composizione del palco (con il gotha della politica italiana al gran pieno), tanto si è esibito in trascuratezza nei confronti dei cittadini comuni. Di tutti i bei sermoni e delle recitazioni, in fondo della piazza non si capiva niente.
Proprio niente. E di sicuro non era per le masse di partecipanti (che non c’erano). Era per pura deficienza o negligenza tecnica. Ma è mai possibile che il cerimoniale del Parlamento non sia capace di organizzare un impianto audio degno di una piazza del Parlamento? Si celebrava un funerale di stato e si sentiva come ad una festa campestre.
O si pensava che bastasse che sentissero bene le autorità sul palco e i parlamentari lì intorno e che del popolo comune in fondo se ne potesse infischiare. Tanto non avrebbe capito comunque. Di raro il distacco fra classe politica e cittadini andò in scena modo tanto eloquente. Che non c’è stata cattiva intenzione ma negligenza, non è un’attenuante, anzi. Che è successo in occasione dell’addio solenne ad un politico veramente del popolo come Pietro Ingrao, rende alla disavventura un contenuto tristemente simbolico.
Florian Kronbichler