Florian
Kronbichler


Nel supercarcere di Trento

Ceterum censeo, … A rischio di passare per testardo o – peggio – di essere preso per semplice bastian contrario, continuo a sostenere: per quanto fatiscente, il vecchio carcere di Bolzano è uno dei più “umani” in tutta l’Italia.
Ne ho visti un po’ di carceri. Ieri sono stato in visita d’ispezione in quello nuovo di Trento. Ci sono andato accompagnato dalla insegnante Antonella Valer, volontaria delle carceri di lunga data.
Il carcere, mi scuso, la “casa circondariale” di Trento, è nuovo, nuovissimo. Secondo i parametri ufficiali è il più lussuoso d’Italia.
È situato a Gardolo, Trento Nord, e si dispiega su una superficie di 10 ettari. Non un edificio e tantomeno una palazzina, è una cittadella carceraria, architettura modernissima, otterrà o avrà già ottenuto i soliti premi architettonici. È una Alcatraz. Una faraonica gabbia con mille e una sottogabbie. Ciò che viene sbandierato per igienico, in verità è sterilità mortificante.
Ci sono vani per tutto e di più, per la maggior parte vuoti. Vuote anche le chiese (cattolica e islamica), vuote le classi di scuola, vuote le palestre, vuoto il campetto di calcio (con erba sintetica, ovviamente). Vuote addirittura tante celle. I 170 detenuti e le 20 detenute (in un palazzo a parte) preferiscono piuttosto di star insieme che non da soli. Ci sono immensi corridoi.
Se proprio mi dovesse venir in mente qualcosa che manca, sarebbe il refettorio. Non si mangia insieme. I pasti vanno portati nelle celle. Se due persone parlano, le voci rimbombano per l’intero edificio.
Angosciante! Semplicemente angosciante il pensiero che una cosa così l’hanno progettato anche a Bolzano. Il comandante di Trento, Domenico Gorla, persona gentilissima e di una sensibilità più che d’ufficio, che ci fa da guida, non ha difficoltà di ammettere che i detenuti preferiscono la fatiscente, vecchia Bolzano alla super-Trento.
Ne avrei da raccontare, ma mi fermo qui. Forse ad altra volta. Aggiungo solo che per arrivarci bisogna prendere alla stazione l’autobus con indicazione “Varsavia”. È la penultima stazione, lontano dal centro di Trento una decina di chilometri. Inizialmente l’indicazione era “Casa circondariale” che fa capolinea. L’hanno tolta. La gente esitava a prendere “il Casa circondariale”. Chi vorrebbe andarci volontariamente? E qualcuno potrebbe pensare male.

Florian Kronbichler

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