Perché ho votato sì
Una risposta a chi mi ha criticato per il mio voto di fiducia che il governo Gentiloni ha posto sul decreto “sui migranti”. La ritengo doverosa nei confronti di chi dissente da me e mi critica, anche aspramente. Mi lasciano invece indifferenti gli insulti incivili che sul caso pure mi sono arrivati, qui e per altre vie. Sono fake news, hate speech. Vanno di moda e non meritano risposta. La dicono di più dell’mittente che dell’indirizzario.
Sì, ho risposto sì alla chiama sulla fiducia al governo e ho votato no sul decreto. Io stesso ho scritto che a qualcuno questo comportamento potesse apparire schizofrenico. Perché so che è rituale votare allo stesso modo sia sull’uno che sull’altro. Ora, persino la sola logica direbbe che fra l’uno e l’altro, fra il voto di fiducia e quello sul provvedimento qualche differenza ci dovesse essere. Perché se no, che senso avrebbe esprimerlo separatamente?
Ma non voglio fare il sofista. Spiego il perché di questo voto scisso che tanto ha irritato anche miei amici. È vero che nel votare, oltre certe dinamiche “interne” (fra queste la disciplina di gruppo) ho da tener in considerazione l’effetto verso l’esterno. Verso “il mio popolo” come volentieri dice chi si arroga di averne. In questo specifico caso del decreto sui migranti però, la “dinamica interna” aveva la sua specifica valenza. Non ho votato la fiducia né per un capriccio e men che meno per opportunismo come qualcuno vigliaccamente mi sospetta. Ho votato la fiducia per coerenza e spirito di gruppo.
Come quanti mi criticano ben sanno, noi maggioranza di Ex-SEL ci siamo costituiti con gli fuorusciti dal PD nel nuovo gruppo parlamentare di nome “Articolo Uno – movimento democratico e progressista”. Piaccia o non piaccia, ma siamo un gruppo. Al Senato, dove vige un altro regolamento (non ci sono due voti separati, si vota congiuntamente sulla fiducia e nel merito), il gruppo di “Articolo Uno” ha votato Sì. Criticavano fortemente il provvedimento, ma a far cadere su di esso il governo gli sembrava irresponsabile.
Da noi, alla Camera, era diverso. Per noi ex-SEL il njet secco era la scelta naturale, ovvia, e pure la più facile. Dovevamo però tener conto delle obiettive difficolta delle compagne e dei compagni nostri ex-PD. Se anche, per la maggioranza precostituita, non fossero decisivi per la sopravvivenza del governo, a sconfessare platealmente i colleghi del gruppo al Senato votandogli contro, non se la sentivano. Era obiettivamente inesigibile. Inoltre, e non va taciuto, ci sono compagni seri, fra essi Pierluigi Bersani, che ritengono il decreto migranti non così demenziale per farne una questione amletica.
In ogni caso, era chiaro a tutti che il gruppo, proprio perché nuovo e ancora fragile, di fronte ad una questione come questa, doveva dimostrarsi compatto. Dividersi sarebbe stato deleterio. Quindi, si dovette cercare il compromesso. Oh, per me il compromesso non è una bestemmia. Lo si è trovato sul voto differenziato: sì alla fiducia, no sul provvedimento. E devo dire: agli “altri”, gli ex-PD, il passo è costato di più che a “noi”. Gli devo rispetto.
Il resto è questione di coerenza. Da parte nostra, dico degli ex-SEL, si è data la parola, e poi – un po’ apertamente, un po’ di nascosto – ci si è arrangiati. La parola d’ordine alla fine fu: “andate a fumare!” Ricordate la benemerita Titti di Rifondazione comunista che all’epoca, per non dover esprimere la sfiducia a Prodi, provvidenzialmente era al cesso? Sapevo che i compagni ex-PD, buoni, buoni, ce lo avessero perdonato, ma a me è sembrato misero politicismo. E l’ho detto ai miei. Un gruppo politico è una cosa seria. E lo sforzo che parte di esso ha compiuto, andava riconosciuto. “Io voto e voto sì alla fiducia”, ho detto. Sono stato l’unico di noi ex-SEL Gli altri erano al c….
Ecco, è andata così. Non ne vado fiero e non me ne pento. Era semplicemente inevitabile. Sapevo che avessi toccato delle suscettibilità. Ed è stato questo la ragione per cui l’ho messo subito in evidenza su facebook (con quella foto inequivocabile del “Kronbichler Florian ha votato sì”, apparsa sul tabellone luminoso della Camera). Ho tradito (una furbizia) in trasparenza. A chi ho deluso chiedo comprensione.
Florian Kronbichler