Con i curdi che non demordono
Puntualmente ad ogni sessione del Consiglio d’Europa (4 settimane all’anno), a Strasburgo in strada di fronte al Palazzo d’Europa si schiera un gruppo di irriducibili: sono i kurdi provenienti da diversi paesi d’Europa, per la maggior parte dalla vicina Germania. Sono nel Kurdish National Congress, da non scambiare con il cosiddetto Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), organizzazione denunciata di terrorismo. I militanti del Kurdish National Congress si battono per un Kurdistan unito e indipendente e la liberazione del loro idolo Abdullah Öcalan, internato in Turchia con la condanna all’ergastolo per terrorismo. Ammiro impegno e perseveranza che li fa sfidare, ormai da anni, persecuzioni e chicane da parte del governo turco e su di ella pressione delle istituzioni europee. Vengono a Strasburgo firmano petizioni, espongono manifesti del loro “martire” Öcalan, organizzano conferenze stampa, sfidando lo schieramento della polizia francese, di volta in volta più imponente.
Pur non condividendo ogni obiettivo e mezzo del movimento, mi ritengo in dovere di prestargli rispetto e dargli ascolto. Di tradizione, il primo giorno di ogni sessione della assemblea parlamentare (cioè oggi) tengono una conferenza stampa. Coincide con il pur tradizionale incontro della delegazione italiana con il rappresentante del governo italiano al Consiglio d’Europa. Non potendo presenziare ad ambedue gli eventi, io opto per i curdi. Se lo meritano e ne hanno bisogno. Mi hanno pure invitato a dire due parole. Ho raccontato della autonomia del Sudtirolo in Italia, invitandoli a rinunciare a qualsiasi forma di violenza. In compenso gli ho promesso di farmi carico della loro causa con iniziative tanto in Consiglio d’Europa quanto al Parlamento italiano.
Florian Kronbichler