Florian
Kronbichler


La mia lettera la Corriere della Sera

Caro direttore,

mi preme esprimere un grazie di cuore per le riflessioni del Suo autorevole opinionista Sergio Romano, domenica, 18 febbraio, sul “doppio passaporto” o “doppia cittadinanza” italo-austriaca per i sudtirolesi. La questione è un fantasma che da anni si aggira di queste parti. Sono convinto che non lo vedremo mai realizzarsi. Troppo è fuori da ogni ragion di logica e troppo è screditato chi la invoca. Eppure: se anche i suoi promotori non otterranno l’obiettivo, già a parlarne e a fomentare l’illusione recano danno alla pacifica convivenza fra le popolazioni di lingua tedesca e italiana e mettono a rischio il tutto sommato buon rapporto fra Italia e Austria.
Condivido in pieno il ragionamento che Romano – da diplomatico versato – espone non in sentenze strillate, ma in forma di pacate domande che però nella loro inoppugnabilità sono più efficaci di qualsiasi esplicita controindicazione. Trovo appropriato in particolar modo il suo riferimento alle “opzioni” del 1939, capitolo nero nella storia sudtirolese, in cui oltre l’80 per cento dei sudtirolesi di lingua tedesca decisero di cambiare la cittadinanza italiana con quella del Reich tedesco di Hitler e di emigrare in esso. Per le circostanze (la guerra), il dramma non si consumò in pieno, e “opzioni” storiche e “doppio passaporto” di certo non sono da mettere sullo stesso piano. Fa però impressione, allo sfondo di quel tragico passato, la scarsa considerazione in cui i sudtirolesi di oggi tengono il valore di cittadinanza.
L’avevano già perso una prima volta, la cittadinanza. Allora, dopo la Seconda guerra mondiale, l’Italia gliela ha ridata – “in uno spirito di equità e di comprensione”, come recita l’Accordo Degasperi-Gruber del 1946. Di questo “spirito” oggi non ci si ricorda volentieri. È significativo, chi si agita di più per la “doppia cittadinanza”. Sono quelli che contemporaneamente si scagliano contro lo “jus soli” a favore dei bambini nati, cresciuti e scolarizzati in Italia. No a chi ne ha bisogno, sì a chi non ne importa: La dice lunga del non-rispetto per che cos’è “cittadinanza”. Ovviamente nessuno, neanche i più oltranzisti, oggi pensano a rinunciare all’attuale cittadinanza italiana in cambio di quella austriaca. Vogliono quella austriaca in aggiunta. “ Se ce la danno, perché no?”, liquidano i meno radicali la questione.
Se ce la danno? Qui, purtroppo, va ricordato che a dar il pretesto ai sudtirolesi ad avanzare la spudorata pretesa è stata l’Italia stessa. Era per un meschino calcolo elettorale che nel 1994 indusse Berlusconi a dare agli italiani dell’Istria e della Dalmazia la cittadinanza italiana. È questo precedente che ha fatto scattare gli appetiti degli sciovinisti sudtirolesi. Questo particolare l’ha tralasciato l’ambasciatore Romano così come pure il direttore Mario Calabresi nel suo editoriale di domenica, 11 febraio, su “La Stampa”.
Un’ultima, ma utile precisazione ancora: Sia Romano che Calabresi se la prendono – sebben molto gentilmente – con Vienna. Secondo me sbagliano la mira. È vero che quel governo marcatamente di destra ha istituito una commissione in merito. Ma i veri attori dell’operazione “doppio passaporto” stanno a Bolzano. Sono i sudtirolesi oltranzisti che agitano lo spettro e il presidente della Provincia Arno Kompatscher, personalmente contrario, tentenna a fermarli. Il governo austriaco, più che attore è vittima del ricatto patriottico a cui storicamente tutta la politica austriaca si vede esposta. Dire di no ai “bisogni” del Sudtirolo, pupillo viziato, e fossero anche solo capricci, è impopolare. Fa costare voti patriottici. Un anno fa, il governo di centrosinistra pareva avesse – pur con mille scuse –seppellito il fantasma. Ora che i “patrioti” sono al governo, l’hanno resuscitato.

Florian Kronbichler, deputato uscente dei Verdi sudtirolesi, Bolzano


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